Agevolazione prima casa e contribuenti trasferiti all’estero

I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 28/2025
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 28/2025, ha fornito importanti chiarimenti in merito all’applicabilità dell’agevolazione prima casa per i contribuenti trasferiti all’estero per ragioni di lavoro, alla luce delle modifiche legislative introdotte dal Decreto Legge n. 69/2023.
In particolare, l’intervento interpretativo dell’Amministrazione finanziaria riguarda la Nota II-bis, comma 1, dell’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al Testo Unico sull’imposta di registro (D.P.R. 131/1986), norma che disciplina le condizioni per l’accesso all’aliquota agevolata del 2% sull’imposta di registro per l’acquisto della prima casa.
Le condizioni per fruire dell’agevolazione prima casa
La normativa richiede la concomitante sussistenza di tre requisiti, anche nel caso di acquisto da parte di soggetti residenti all’estero per motivi lavorativi:
- Ubicazione dell’immobile: deve trovarsi nel comune di nascita del contribuente, oppure in un comune dove il medesimo aveva la residenza o svolgeva la propria attività prima del trasferimento all’estero.
- Assenza di altri diritti reali (proprietà, usufrutto, uso o abitazione) su immobili situati nel medesimo comune.
- Non aver già fruito dell’agevolazione per altri acquisti immobiliari.
Il nodo interpretativo: cosa significa prima del trasferimento?
Il caso esaminato dall’Agenzia riguardava un contribuente che, trasferitosi all’estero per lavoro, intendeva acquistare un immobile in un comune diverso da quello dell’ultima residenza o attività lavorativa in Italia, ma comunque già abitato in passato.
Il dubbio verteva sull’interpretazione della locuzione prima del trasferimento: essa debba intendersi come riferimento esclusivo all’ultima residenza o attività svolta in Italia, oppure se sia da considerare qualunque comune in cui il contribuente abbia risieduto o lavorato nel corso della sua vita, prima del trasferimento all’estero.
L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate
L’Amministrazione finanziaria, nel fornire risposta, ha adottato una lettura estensiva e favorevole al contribuente. Essa ha evidenziato che, grazie alla modifica introdotta dall’art. 2, comma 1, del D.L. 69/2023, il legislatore ha inteso ampliare il collegamento tra il contribuente trasferito all’estero e il territorio italiano, valorizzando anche legami pregressi di natura personale, familiare o lavorativa.
In questo contesto, non è necessario che l’immobile da acquistare si trovi nell’ultimo comune di residenza o attività lavorativa prima del trasferimento all’estero: è sufficiente che si trovi in uno qualunque dei comuni in cui il soggetto abbia vissuto o lavorato prima del trasferimento.
L’Agenzia ha così confermato che rientrano nell’ambito applicativo dell’agevolazione anche gli immobili situati:
- nel comune di nascita, anche se il contribuente non vi ha mai abitato;
- in comuni di precedente residenza o lavoro, anche se non immediatamente precedenti al trasferimento all’estero.
Una visione coerente con la ratio della norma
Questa interpretazione si dimostra coerente con la finalità dell’agevolazione, che è quella di favorire il radicamento sul territorio nazionale anche dei cittadini italiani residenti all’estero per motivi di lavoro, consentendo loro di mantenere o ricostruire un legame con le proprie origini o con i luoghi del proprio vissuto.
La lettura adottata dall’Agenzia, dunque:
- rispetta il dato letterale della norma riformata;
- è in linea con la volontà del legislatore di estendere il beneficio ai lavoratori espatriati;
- garantisce parità di trattamento rispetto ai contribuenti residenti in Italia.
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