Possesso beni ereditari equivale all'accettazione tacita dell'eredità?
Accettazione tacita, quando è da considerarsi tale
L’accettazione tacita dell’eredità si ha quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede, ai sensi dell’art. 476 c.c.
Sul punto, la giurisprudenza è intervenuta in più pronunce giurisprudenziali e nel chiarire la portata applicativa della norma di cui all’art 476 c.c., ha individuato una serie di atti il cui compimento da parte dei chiamati all’eredità comporta inequivocabilmente l’accettazione dell’eredità.
In merito al comportamento del chiamato all’eredità che si immette nel possesso dei beni ereditari, occorre specificare il confine oltre al quale la semplice immissione nel possesso determina l’inequivoca volontà dello stesso di accettare l’eredità e, pertanto, di diventare erede.
Referente normativo è l’art. 485 c.c. il quale prevede espressamente che il chiamato all’eredità, possessore a qualsiasi titolo dei beni ereditari, deve, entro il termine di tre mesi dall’apertura della successione o dalla notizia della devoluta eredità, redigere l’inventario ed entro un ulteriore termine di 40 giorni, deliberare la rinuncia o l’accettazione dell’eredità, in difetto, sarà considerato erede puro e semplice.
Orbene, alla luce di quanto sopra il mero subentro, a qualsiasi titolo, del chiamato all’eredità nel possesso dei beni ereditari non è considerato di per sé un comportamento concludente tale da comportare un’accettazione tacita dell’eredità.
Infatti, la mera immissione nel possesso dei beni ereditari è un atto non equivoco, poiché non presuppone necessariamente, in chi lo compie, la volontà di accettare l’eredità e di assumere la qualità di erede, potendo ben limitarsi alla mera conservazione del patrimonio ereditario. Tuttavia, qualora il comportamento dell’erede si protrae per il tempo strettamente necessario alla conservazione del patrimonio ereditario, si verifica quella che la giurisprudenza chiama accettazione presunta dell’eredità. In tal senso, il codice ha imposto un onere in capo al chiamato all’eredità che si trova nel possesso dei beni ereditari, che consiste nel compimento dell’inventario entro tre mesi dall’apertura della successione ovvero dalla denuncia della devoluta eredità.
In difetto di tale adempimenti, si presume, pertanto, che il comportamento non sia finalizzato alla mera conservazione dei beni ereditari bensì sia indice di un comportamento concludente che denota l’inequivocabile volontà del chiamato a fare propria la qualità di erede.
<< L'immissione in possesso dei beni ereditari non comporta accettazione tacita dell'eredità, poiché non presuppone necessariamente, in chi la compie, la volontà di accettare, cionondimeno, se il chiamato nel possesso o compossesso anche di un solo bene ereditario non forma l'inventario nel termine di tre mesi decorrenti dal momento di inizio del possesso, viene considerato erede puro e semplice; tale onere condiziona, non solo, la facoltà di accettare con beneficio d'inventario, ma anche quella di rinunciare all'eredità in maniera efficace nei confronti dei creditori del de cuius >>
(tra le tante v. Cass. civ. sez. VI, ordinanza n. 15690 del 23 luglio 2020 Rv. 658781)
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